Il Palazzo del Freddo di Giovanni Fassi è la storica gelateria artigianale di Roma, attiva nella Capitale dal 1880


Alle donne della sua vita Giovanni dedicherà due semifreddi ancora oggi in produzione e la sala esterna della gelateria, con le incisioni in latino.
La maestria nella realizzazione di creazioni artigianali procura al giovane l’appellativo di “gelatiere sovrano”, ricordato anche per i baffi caratteristici, che saranno il motivo della sua fortuna. Quando un’ordinanza reale obbliga tutto il personale a tagliarli, infatti, Giovanni rifiuta di farlo e insegue il sogno di aprire un’attività in proprio. Ci riesce con i punti vendita di Piazza Navona e via Piave, per poi approdare nel 1928 in via Principe Eugenio dove investe la sua fortuna e fonda il Palazzo del Freddo: un quartier generale di 700 metri quadrati con laboratorio a vista gestito insieme alla madre e alla moglie, anche lei di nome Giuseppina.

Negli anni Sessanta il figlio Leonida eredita la passione del padre, rivestendo cariche di prestigio nella Federazione Italiana Pubblici Esercizi e trasmettendo lo stesso entusiasmo ai figli Giovanni, Daniela e Fabrizio. Dal 2014 la proprietà del Palazzo del Freddo passa ai coreani della Haitai Confectionery & Foods che lasciano la guida della società ad Andrea Fassi, che appartiene alla quinta generazione e porta con sé il desiderio di espandere il marchio familiare, mantenendo immutati i principi fondamentali che hanno reso grande il gelato Fassi – alta qualità, laboratorio a vista e prezzi giusti – e inaugurando una nuova era orientata all’innovazione.
Per cortese concessione dell’autore Romano Bartoloni, presidente dei cronisti romani,
anticipiamo nella nostra homepage, la storia dei Fassi che apparirà nella LXXXI
edizione del volume Strenna dei Romanisti nelle librerie dal prossimo Natale di Roma, 21
aprile 2010
I 130 ANNI DI CASA FASSI
di Romano Bartoloni
I Fassi, da cinque generazioni tra i principali protagonisti dei successi nel mondo del
gelato artigianale all’italiana, festeggiano i 130 anni di attività (1880/2010), scanditi a tu
per tu con Roma e con i romani, nel Palazzo del Freddo all’Esquilino, una Casa unica del
suo genere che, per fascino e suggestione con i macchinari di ogni tempo in bella vista,
evoca le fiabesche avventure del film “La Fabbrica del cioccolato” con Johnny Depp.
Nati all’insegna della birra e del ghiaccio in via IV Novembre, fondatore e capostipite è
Giacomo, classe 1850 di Saluzzo in provincia di Cuneo. Da giovane intraprendente
prende la strada del Sud alla scoperta della nuova Italia e, dopo la breccia di Porta Pia, si
incammina al seguito delle burocrazie del regno sardo-piemontese che trapiantano la
capitale a Roma e urbanizzano, con il piano regolatore Viviani del 1873 e grazie ai
terreni ceduti a buon prezzo da mons. De Merode, la L di via Nazionale, della stazione e
di piazza Vittorio.
Ai nostri giorni, gli eredi, cresciuti e con le spalle aziendali robuste, sono partiti alla
conquista dei più lontani mercati d’oriente, governano con impianti sofisticati i cicli di
produzione scartando a sentir loro l’inaffidabile elettronica, però fanno affari via Internet,
e resistono solitari o quasi agli assalti a suon di parecchi milioni di euro al cuore
imprenditoriale dell’Esquilino da parte di “China town”; la colonia cinese che domina il
rione e piazza Vittorio, provocando una radicale trasformazione del vivere nel territorio a
ridosso del rione Monti, del Colosseo e del centro storico.
Una solida esperienza industriale e commerciale quella dei Fassi, ma anche una lunga e
dolce/amara navigazione attraverso i capricci dell’economia, due guerre mondiali e le
grandi mutazioni urbanistiche, sociali e di costume di una città di provincia trasformatasi
in metropoli europea e centro universale della cristianità. Gli eventi hanno scosso, non
piegato la pianta che conserva profonde radici per la riuscita del prodotto fatto in casa e
per la crescente popolarità del gelato artigianale.
Negli anni 1875/76, Giacomo arriva nella giovane capitale in cantiere, ancora poco
popolosa e con il Papa autoesiliatosi in Vaticano, ma con tanta voglia di espandersi: un
tumultuoso sviluppo demografico che fa triplicare la cittadinanza a fine secolo, 600mila
abitanti rispetto ai 200mila del 1870.
Prima di “romanizzarsi”, Fassi attraversa l’Italia spingendosi fino in Sicilia per fermarsi a
Palermo. Una breve ma importante parentesi. Incontra la donna della sua vita,
Giuseppina, che avrà un ruolo di primo piano nell’affermazione della famiglia, accumula
un piccolo capitale con la vendita ambulante di manufatti dei carcerati. E finalmente
comincia l’avventura romana. Dopo un periodo di acclimatamento, apre bottega nel 1880
in via IV Novembre.
Per intuito e per fortuna, indovina il posto, il momento e la scelta commerciale di mescita
della birra e vendita del ghiaccio in colonne e tritato in sorbetti, le sempre famose
grattachecche romane. Lo favoriscono il via vai di gente indaffarata lungo la salita che
conduce all’ asse stradale di via Nazionale, completata in quegli anni, e verso i nascenti
quartieri orientali di Castro Pretorio, Viminale ed Esquilino; nonché la vicinanza del
Quirinale, dove da 10 anni si è trasferita la famiglia reale con il suo seguito di cortigiani,
funzionari, cuochi, stallieri (il vicino palazzo delle Scuderie con le rimesse per le
carrozze e le poste dei cavalli –rimaste immutate fino al 1938 -, e ai piani superiori con le
abitazioni del personale e delle loro famiglie). Proprio in quel periodo il mondo del
freddo compie un salto di qualità con i Peroni all’avanguardia nella produzione di birra e
nella fabbricazione di ghiaccio e “neve artificiale” su scala industriale; un’attività
cominciata con Francesco nel 1864 e continuata dalla famiglia per 150 anni fino al 2003
quando venne acquistata da una multinazionale. Nel 1890 realizzano il primo grande
stabilimento a S. Lorenzo. I cavalli bretoni di grande mole con il tiro dei carri da ghiaccio
figurano nell’iconografia romana fino all’ultima guerra mondiale.
Non si hanno tracce di memorie né di documenti sull’esatta ubicazione dell’esercizio di
Giacomo in via IV Novembre. Tuttavia, le nuove costruzioni di allora e le circostanze, fra
le quali la frequentazione di una numerosa clientela di “quirinalisti”, lasciano supporre e
azzardare l’ipotesi che l’impresa commerciale sia sorta al civico 155, all’angolo di via
Tre Cannelle, dove oggi opera un’antica pelletteria. L’ingresso è nel corpo di un palazzo
in classico stile fine ‘800, opera dell’architetto Pietro Carnevale (di una scuola che
progetta la Roma moderna a cavallo di due secoli) e che, ieri come oggi, ospita un
albergo di prestigio e dagli interni ben conservati, il quattro stelle Traiano (perché proprio
davanti agli antichi mercati), che allora si chiamava il Laudati e che accoglieva la nuova
borghesia italiana in cerca di buoni affari a Roma, e magari di qualche boccale di buona
birra.
Il Quirinale segna la storia del gelato e della famiglia Fassi. Nasce nel 1880 Giovanni che
giovanissimo aiuta il padre e la madre in bottega. Entra in simpatia degli addetti alle
cucine reali loro avventori e nel 1900, proprio nell’anno dell’assassinio di re Umberto a
Brescia e della successione di Vittorio Emanuele III, diventa apprendista
pasticciere/gelatiere per le tavole imbandite dei sovrani e dei loro ospiti altolocati.
In quel passaggio di secolo, il sorbetto gelato, molto più tardi ribattezzato solo gelato,
non la più terra terra grattachecca, è riservato, per la complessità della confezione,
esclusivamente ai palati dell’aristocrazia e della società benestante. Si lavorano composti
di ghiaccio raffreddati con il potassio e si impastano con le materie prime in sorbettiere di
rame, prima con pala a mano e poi con una manovella. Fin dalla notte dei tempi e nei
millenni, per usi culinari si conservava la neve fresca in buche profonde di montagna, le
cosiddette nevere o niviere, coperte di foglie e di terra pressata. D’estate veniva
trasportata a destinazione con orci il più rapidamente possibile.
L’esperienza di casa reale trasforma il giovanotto in un raffinato artigiano predestinato a
conquistarsi la fama di “gelatiere sovrano”. Tuttavia, gli eventi precipitano verso diversi
orizzonti. Il padre muore nel 1902 a solo 52 anni, e la madre Giuseppina prende le redini
della ditta. L’anno successivo, succede un grottesco (ai nostri occhi!) incidente di
percorso che cambia la vita di Giovanni e dei suoi successori. A corte viene emessa
un’ordinanza di servizio che vieta barba e baffi al personale subalterno delle cucine, forse
per motivi di igiene o più probabilmente per scongiurare la promiscuità con gli onori del
mento di personaggi di più alta considerazione.
Il nostro non rinuncia ai suoi baffetti e decide seduta stante di licenziarsi e di seguire la
madre nella nuova destinazione di piazza Navona, investendovi la discreta liquidazione
ricevuta. Anche stavolta non si hanno indicazioni certe sulla esatta collocazione dei
locali, tuttavia sembra, con discreta approssimazione, che si aprissero ai civici 20 e 21 di
via S. Agnese in Agone, praticamente all’angolo dell’attuale bar “Tre scalini” di piazza
Navona. Madre, figlio e fratello Salvatore vi restano fino al 1907, facendosi apprezzare
tra i romani, e i senatori del vicino palazzo Madama comprese le personalità degli annessi
Palazzi della politica, innalzando l’insegna di richiamo “Caffetteria-pasticceria-gelateriabombonieria”,
meglio conosciuta come “Nino all’agonale”. I successi della pasticceria e i
progressi tecnologici incoraggiano i Fassi a compiere altri passi in avanti verso lidi di
maggior spessore imprenditoriale. Giovanni lascia piazza Navona al fratello Salvatore,
del quale si perdono le tracce quando un bel giorno appaiono al circo agonale i Ciampini
del gelato al tartufo.
Birra e ghiaccio scendono sempre più in secondo piano nella nuova “Grande gelateria
elettrica siciliana” con tre porte lungo la strada ai numeri civici 9,11 e 13 di via Piave più
vicino a via XX Settembre che a piazza Fiume, e accanto al negozio di calzature
Caccetta, un nome affermato a Roma e da 70 anni sulla piazza. E’ il 1907, si diffonde
l’illuminazione elettrica e i Fassi si dotano delle prime refrigeratrici elettriche di
importazione tedesca, un investimento costoso e impegnativo che viene garantito da un
marchio di sicura affidabilità, quello dei Peroni. Giovanni si era conquistata la loro
fiducia, saldando un debito di 300 lire contratto dal padre ai tempi di via IV Novembre.
Con il “gelatiere sovrano” collaborano la madre Giuseppina, che morirà nel 1913, e la
moglie Giuseppina jr, tra le prime donne imprenditrici di notorietà nel mondo romano.
Nel frattempo, il gelato si va accoppiando con il cono, una rivoluzionaria invenzione
ricavata dai wafer e lanciata dalla Fiera di S. Louis negli USA del 1904. Da prodotto di
elite, la gelateria si trasforma in consumo popolare, moltiplica assortimenti e confezioni,
migliora la qualità e conquista l’uomo della strada per gusti e per prezzo.
Certamente le due signore non sono da confondere con le suffragette dei primi del 900,
tuttavia rivendicano un tocco di femminilità, un vivace spirito femminista, a conferma di
un ruolo di primo piano nella Casa Fassi che le ricorda nel portico/cortiletto, sala
esposizioni d’arte, del Palazzo del Freddo, con due busti e due lapidi affiancate e dedicate
con iscrizioni rievocative in latino alla Giuseppina senior e alla Giuseppina jr. Nel segno
della loro impronta, nascono i primi assortimenti che tuttora reggono l’usura del tempo:
le “Caterinette”, semifreddi ispirati alle Caterinette, le emancipate sartine torinesi devote
a S. Caterina; la “cassata Giuseppina” al gusto di pistacchio dedicata alla moglie di
Giovanni; “Ninetto”, il gelato con lo stecco (antesignano dei cremini) dedicato da
Giuseppina al marito. Ma sono i coni e i gelati sfusi al bicchiere (oggi le coppette di
cartone) ad incontrare i maggiori favori del pubblico. Nella memoria orale della famiglia,
si contano 200mila pezzi venduti all’anno contro i 600mila circa della media degli ultimi
anni.
I Fassi partecipano attivamente alla vita sociale di Roma. Durante la prima guerra
mondiale concorrono all’organizzazione di manifestazioni e di concerti di beneficenza
per la sottoscrizione di fondi a favore delle famiglie dei soldati al fronte. Passata la bufera
bellica, la pasticceria gelateria di via Piave diventa un locale alla moda per tutta la città.
La frequentano i personaggi illustri dell’epoca, da D’Annunzio a Trilussa. Ma Giovanni e
Giuseppina guardano più lontano, persuasi che il gelato artigianale e le loro confezioni
multi gusti abbiano un grande futuro. Nel 1924, acquistano per 700mila lire il complesso
di via Principe Eugenio a più porte contrassegnate dai civici 65/67a, e con al piano terra
un’ampia rimessa/scuderia militare di 700 metri quadrati per carrozze e cavalli. Ne
affidano i lavori di restauro e di completamento al noto architetto Gustavo Vannini che
realizza la sopraelevazione del terzo piano e imprime un tocco di stile liberty misto
umbertino (caratteristica della vicina piazza Vittorio).
Il Palazzo, così come appare ancora oggi, è restaurato nel 1927, ma ci vogliono diversi
mesi prima che possa essere impiantata la complessa catena del freddo: imponenti
compressori per alimentare i frigoriferi e gli altri macchinari, una serie di banchi per la
lavorazione, conservazione e distribuzione del gelato. I costi finali raggiungeranno i due
milioni di lire, una bella cifra per quei tempi. Peraltro, il 1927 è un anno speciale per la
ditta che inventa e lancia sul mercato, in prima assoluta, il telegelato Giuseppina, il gelato
da portar via, con un successo che continua fino ai nostri giorni. Una confezione presenta
una forma di spumone di 8 porzioni, protetta da ghiaccio secco e palline di sughero
all’interno di una scatola di cartone pressato. La conservazione è garantita per 12, 24, 48
ore. In pochi anni, il telegelato fa il giro d’Italia e poi del mondo. Italo Balbo, nominato
maresciallo dell’aria nel 1933 e governatore della Libia nel 1934, ne porta grossi
quantitativi nell’Africa italiana. E ha il suo prezzo di viaggio: 18 lire per il Lazio, 20/22
lire per l’Italia, e 28 lire per l’estero.
Finalmente venerdi 11 maggio 1928, 15° anniversario della scomparsa di Giuseppina sr,
si inaugura il Palazzo del Freddo, Fabbrica artigianale del gelato. L’indomani nella
cronaca di Roma de “Il Messaggero” si legge: “ Inaugurato ieri in via Principe Eugenio il
grande Palazzo del Freddo artificiale dovuto all’iniziativa e al lavoro di uno dei più
operosi figli di Roma, Giovanni Fassi “. E ancora:”…maestoso stabilimento …. tutto
costruito in marmi di Pietrasanta, con un impianto frigorifero, preciso, mirabile, con un
laboratorio elettrico alla vista del pubblico, nitido, tutto splendente di luci, elegante negli
arredi, stupendo per l’eleganza severa delle linee e del mobilio”. Un pubblico
riconoscimento per il “gelatiere sovrano” e per il suo Palazzo del Freddo, con standard
industriali all’avanguardia in Europa, al di là del linguaggio enfatico che caratterizza la
stampa dell’epoca fascista specie per le imprese del Duce. Peraltro, anche Mussolini e i
suoi figli sono ghiotti dei gelati Fassi acquistati con frequenza dal loro autista (un ascaro,
ricorda Leonida, figlio di Giovanni, e che gestisce la ditta dal 1961 al 1991). Il grande
merito di Giovanni è di aver scommesso, con decenni di anticipo, sulla gelateria
rinunciando alle fortune del mondo della pasticceria, del caffè, e poi delle tavole calde,
del fast food, del catering ecc. per sé e per i discendenti.
Intanto, il marchio di famiglia rimane anche in via Piave, dove la gestione è passata nelle
mani della sorella Annunziata. Il ramo cadetto continuerà ad espandersi consolidando la
fama dei Fassi anche in quella parte della città. Il loro vessillo, issato con fortunato
impatto di clientela nei locali/giardino di Corso d’Italia accanto a piazza Fiume, resisterà
fino alla fine del secolo scorso per poi cedere alle pressioni dello sviluppo urbanistico
della zona.
Da allora fino a tempi recenti, secondo un rischio d’impresa evidentemente calcolato, il
Palazzo del Freddo entra in letargo invernale, dalla fine di settembre a marzo. A nessuno
sarebbe venuto in testa di cercare un gelato con il freddo e il brutto tempo, diversamente
da oggi che c’è il gelato industriale a fare da traino, conquistatosi un posto fisso nei
freezer e nei pozzetti congelatori di casa. Nella buona stagione, tuttavia, il mondo non
corre così in fretta come nel XXI secolo, e i tavolini della gelateria e lungo i marciapiedi
davanti si riempiono di una folla di avventori felici di gustare le specialità della ditta e di
trascorrere qualche ora in serenità e distensione. Oggi, specie nei fine settimana, c’è la
consuetudine al tirar tardi nelle notti afose dell’estate, provocando file interminabili
davanti ai banchi della distribuzione, mentre l’intenso traffico veicolare di giorno e i
marciapiedi ristretti tendono a scoraggiare le voglie di rinfrescare il palato.
Gli anni corrono veloci e ricchi di gelati per il Palazzo del Freddo, cambiano le mode e i
costumi, mutano gli scenari politici internazionali, l’Italia di Mussolini si allea con la
Germania di Hitler e gli orizzonti si offuscano. Il dittatore nazista arriva in visita a Roma
dal 3 al 9 maggio 1938, ricevendo accoglienze grandiose. Per l’Eiar, poi Rai, la
trionfalistica radiocronaca è realizzata da Vittorio Veltroni (dirigente Rai nel
dopoguerra), padre di Walter che, da Sindaco di Roma, partecipa l’11 maggio 2003 alla
festa in Casa Fassi per il 75° compleanno del Palazzo del Freddo. Nelle sue cronache,
Vittorio Veltroni non può aver ignorato l’evento nell’evento: le torte gelato tricolori e
fragola e panna con la svastica in chicchi di caffè ordinate da Casa reale per i pranzi e i
ricevimenti in onore dell’illustre ospite. Giovanni ha la soddisfazione di tornare al
Quirinale con le sue prelibatezze che trasporta personalmente a bordo della sua “Lancia
Astura” carrozzeria Pinin Farina. “Sono uscito da servo, rientro da padrone!” si confida
gioioso con il figlio Leonida che l’accompagna. Peraltro, Leonida ricorda anche lo
spavento passato in quei giorni, quando viene bloccato all’ingresso di via Principe
Eugenio dai rigorosi filtri della polizia in borghese. Per ragioni di sicurezza, i locali sono
rimasti chiusi al pubblico fino alla conclusione della lavorazione.
Qualche mese dopo la visita a Roma, Hitler invade la Polonia (1 settembre 1939).
Scoppia la seconda guerra mondiale. Un anno dopo, il 10 giugno 1940 l’Italia entra nel
conflitto. Generazioni di romani partono via via per lontani fronti, Francia, Albania,
Grecia, Africa, Russia. Parte Salvatore il figlio più grande di Giovanni che ne resterà
segnato. Cominciano i tempi difficili e anche nella capitale si è costretti a tirare la
cinghia. Il Palazzo del Freddo attraversa la prima crisi esistenziale che lo condurrà alla
chiusura. 1942, si produce solo gelato di frutta, introvabili uova e burro, 1943, la fine
dell’attività dopo i bombardamenti di luglio a S. Lorenzo e al Tiburtino e per la cronica
mancanza di zucchero. Il 4 giugno 1944, nella Roma dichiarata città aperta, arrivano le
truppe americane fra l’entusiasmo della popolazione. I tedeschi si sono ritirati il giorno
prima compiendo gli ultimi soprusi. All’angolo di via Principe Eugenio con viale
Manzoni, si incendia un carro armato degli occupanti. Giovanni con il figlio Leonida,
allora un ragazzino di 12 anni, vanno a curiosare. Per un miracolo l’imprudenza non costa
la vita al “gelatiere sovrano”. Il carro esplode e una scheggia lo colpisce alla medaglia
che portava indosso. Il figlio Leonida la conserva come una reliquia. Nei mesi di
chiusura, il Palazzo diventa un magazzino alimentare per le mense degli sfollati di guerra.
Il giorno della liberazione viene preso d’assalto dalla folla affamata, che, per fortuna, non
provoca danni agli impianti.
La Croce rossa americana, l’”American red cross”, requisisce in luglio il Palazzo del
Freddo (l’atto è custodito incorniciato nel salone della gelateria) pagando un affitto annuo
di 15mila lire più altre 15 per l’assistenza da parte dei Fassi. Con il diritto di nuovi
occupanti, ripristinano l’impianto elettrico allacciandolo direttamente ai fili e alle rotaie
del tram che passa lì davanti. Nell’intento di rifornire i campi militari, gli alleati si
dedicano alla produzione di gelati alla crema e al cioccolato con il metodo tipico di casa
loro, l’ice cream, realizzando assortimenti più spumosi e più gonfi d’aria, grazie anche
all’unica macchina esistente sul mercato italiano idonea alla lavorazione industriale. I
Fassi, in particolare Salvatore, seguono con attenzione l’evoluzione del settore attraverso
la lettura del periodico USA “The ice cream trade journal”.
Nel settembre del 1946, gli americani lasciano il Palazzo del Freddo. Accade allora un
evento che avrebbe potuto cambiare il corso della storia dei Fassi. Giovanni vende
all’ing. Alfredo Wisner, già responsabile amministrativo della “Red cross” e di origini
jugoslave, i macchinari per la produzione industriale. L’ingegnere apre nel 1947 uno
stabilimento/laboratorio al Pigneto, e invita il “gelatiere sovrano” a fondare insieme la
società Algida, arcinota ai romani. Il rifiuto è netto nel nome e nelle ragioni del gelato
artigianale e contro una prospettiva che si annuncia di sicuro successo sui mercati
internazionali. Permette, tuttavia, a un amico di famiglia, Italo Barbiani, di partecipare a
quell’impresa.
Oggi il gelato artigianale tiene testa brillantemente a quello industriale, anzi sembra
destinato a surclassarlo grazie al supporto di macchinari di raffreddamento sempre più
sofisticati e meno ingombranti, e alla testardaggine dei Fassi e dell’intero mondo dei
gelatieri costituitosi in associazione e che ogni anno si raduna in migliaia alla Fiera di
Rimini per rafforzare le loro posizioni sulla piazza. Il “gelatiere sovrano” scompare a 97
anni nel 1977, Giuseppina jr nel 1982. La continuità dell’azienda è assicurata dalla
guida, nell’ordine, di Leonida e di Giovanni jr, di Daniela, presidente in carica della
società e desiderosa di emulare le grandi Giuseppine, di Fabrizio vicepresidente e
inventore dell’ultima specialità di grido, i “sanpietrini” blocchetti di gelato rivestiti di
cioccolata. Infine, il nipote Andrea, fresco di studi, gira il mondo per proporre contratti di
franchising basati sulla cessione di ricette esclusive e su licenze di uso del brand romano
e dei marchi registrati. Gelaterie Fassi affiliate operano a Seoul in Corea e a Los Angeles
negli Usa. E’ la globalizzazione del buon gelato griffato Fassi e targato Roma.
Da qualche anno, il Palazzo del Freddo resta aperto anche d’inverno grazie a
un’intelligente politica dei prezzi abbinata alla garanzia della qualità. Nel salone sono
incorniciate tabelle di confronto fra i prezzi di ieri in lire e quelli di oggi in euro, facendo
risaltare l’esiguità dei ritocchi. Da novembre a marzo, inoltre, si vendono, in giorni
stabiliti della settimana, i gelati a metà prezzo, un’offerta che si è rivelata irresistibile
specie in tempi di crisi economica come i nostri, e che costituisce una sfida nei confronti
di quello industriale affermatosi proprio per i bassi costi.
E così l’avventura di Casa Fassi continua verso altri traguardi…